La valutazione della legge da applicare al contratto è l’essenza nella redazione di un contratto internazionale. Invero, in essa si sostanzierà l’obbligazione nascente ed anche in caso di inadempienza l’interpretazione di esso da parte dell’organo giudicante sia esso imposto da pubblica giurisdizione o a libera scelta “ giudice od arbitro”.
In quasi tutto il mondo vi è la possibilità che le parti di un contratto internazionale scelgano autonomamente la legge ad esso applicabile. Essa libertà di scelta del diritto che regolamenterà il contratto è comunque ampia espressione di un principio, quello dell’autonomia delle parti, il quale è comunemente riconosciuto.
Nella Unione Europea, la materia della legge applicabile al contratto è regolata dalla Convenzione di Roma (1980) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, la quale detta regole uniche a livello europeo sui conflitti di legge in materia di contratti, allo scopo di prevenire il fenomeno del comune indicare “Foro dell’acquisto”.
L’art. 3 della Convenzione indica, in linea di principio, che le parti siano libere di indicare la legge loro applicabile.
Comunque non sempre, tuttavia, le parti riescono a raggiungere un accordo sulla legge da applicare al contratto. Sempre più spesso accade infatti che, nei contratti conclusi tra parti di nazionalità diversa, i contraenti decidano di assoggettare il loro accordo agli usi del commercio internazionale, ossia alla cd. “lex mercatoria” introducendo però una clausola che affidi ad uno o più arbitri la risoluzione di eventuali controversie.
Qualora vi sia assenza di una determinata scelta della legge applicabile al contratto internazionale, i criteri adottati nella determinazione della stessa possono essere differenti soprattutto ad opera degli arbitri essendo essi non vincolati dall’applicazione delle norme di diritto internazionale privato.